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giovedì 21 aprile 2011

Dimissioni in bianco, disoccupazione giovanile e nessun welfare per la maternità: l'ipocrisia del Governo sulla famiglia

Sulle spalle della famiglia, di Chiara Saraceno da lavoce.info 20 aprile 2011

Il governo sostiene di aver rafforzato il ruolo della famiglia. E infatti ricadono sulle famiglie italiane tutti i problemi di cui, nella maggior parte dei paesi, si fa carico lo stato sociale: dalla povertà alla dipendenza in età anziana, dalla disoccupazione giovanile alla cura dei bambini piccoli quando la madre lavora. Le timide proposte innovative del Piano nazionale per la famiglia sono rimaste lettera morta. Senza contare che una disoccupazione giovanile vicina al 30 per cento impedisce ai giovani di crearsi una propria famiglia. Le dimissioni delle lavoratrici madri.

Non ha torto Silvio Berlusconi ad affermare che il suo governo ha rafforzato il ruolo della famiglia. Basta intendersi su che cosa significa “rafforzare”.

LE FAMIGLIE E IL WELFARE

Il ruolo della solidarietà famigliare, sempre importantissimo nel nostro welfare debole e squilibrato, è uscito indubbiamente rafforzato dalla riduzione dei trasferimenti agli enti locali (a partire dall’abolizione dell’Ici), quindi delle risorse per i servizi alla persona, così come dalla riduzione dell’offerta educativa della scuola pubblica in termini di contenuti e di tempo.Èstato rafforzato anche dal mancato adeguamento del sistema di protezione sociale a un mercato del lavoro flessibile, dove la precarietà e la disoccupazione colpiscono soprattutto i giovani.
Questa modalità di rafforzamento è stata teorizzata esplicitamente nei due più importanti documenti del governo sul welfare: il Libro bianco sul futuro del welfare e il documento Italia 2020 sull’occupazione femminile e i problemi di conciliazione. (1) Entrambi i documenti indicano appunto nella solidarietà famigliare la principale risorsa su cui contare per far fronte a tutti i problemi di cui, nella maggior parte dei paesi, si fa carico in larga misura lo stato sociale: dalla povertà alla dipendenza in età anziana, dalla disoccupazione giovanile alla cura dei bambini piccoli quando la madre lavora.
Le timide proposte innovative indicate con grande enfasi nel novembre scorso dal Piano nazionale per la famiglia, e commentate su questo sito, sono rimaste lettera morta. (2)
Sulla base dell'obiettivo di rafforzamento del ruolo delle famiglie, si è proceduto a tagli indiscriminati, salvo che sui sussidi alla scuola privata, e si è di fatto vanificato il fondo per il sostegno all’affitto. Ma non solo: si è anche ripetutamente sottovalutata la drammaticità di una disoccupazione giovanile che tocca il 30 per cento.
Peccato che non tutti abbiano alle spalle una famiglia che può provvedere in caso di necessità. E peccato che proprio la dipendenza dalla solidarietà famigliare, oltre a sovraccaricare le famiglie e a sottoporre a tensione bilanci spesso modesti, renda più difficile per i giovani costituire una propria famiglia, se lo desiderano. Rende anche difficile alle mamme conciliare famiglia e lavoro, se non hanno un reddito sufficiente a pagare un servizio privato, o una mamma o una suocera disponibili e in grado di condividere le responsabilità di cura.

LE NORME PER LE LAVORATRICI MAMME

Alle mamme, poi, il governo Berlusconi ha fatto un brutto scherzo fin dall’avvio del governo. Nel giugno 2008, in nome della semplificazione, il ministro Sacconi ha infatti ha abrogato la norma che imponeva la procedura telematica per le dimissioni volontarie. Era stata approvata a largissima maggioranza bipartisan dal parlamento pochi mesi prima, durante il governo Prodi, per cercare di contrastare l’abitudine di far firmare in bianco una lettera di dimissioni all’atto dell’assunzione – un’abitudine molto diffusa soprattutto nelle aziende del Nord e molto utilizzata soprattutto contro le lavoratrici che rimangono incinte. La consigliera di parità nazionale che, facendo il proprio mestiere, osò protestare per il danno che ne sarebbe seguito per coloro che volevano avere un figlio, si vide revocata la nomina. Solo un anno dopo è stata introdotta una nuova norma, di fatto più complessa, che richiede che un genitore che si dimette “volontariamente” durante il periodo protetto dalla legge sui congedi confermi la propria volontà davanti a un funzionario della direzione provinciale del lavoro (nota prot. 25/II/2840 del 26 febbraio 2009). La nuova norma, tuttavia, riduce la protezione al solo periodo coperto dalla legge sulla maternità e paternità. Non protegge affatto da dimissioni forzate al termine di quel periodo, quando la lavoratrice dovrebbe tornare al lavoro.

(1) Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, Libro bianco sul futuro del welfare. La vita buona nella società attiva, Roma, maggio 2009; ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ministero per le Pari opportunità, Italia 2020. Programa di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, Roma, dicembre 2009.
(2)Verso un piano nazionale per la famiglia, novembre 2010. Per un commento su questo sito si veda Daniela Del Boca e Chiara Saraceno, “Una tradizionale famiglia italiana”, 9.11.2010

1 commento:

  1. Questo è, secondo me, "Tutto quello che non è lavoro"...
    http://104curriculum.blogspot.com/2011/04/tutto-quello-che-non-e-lavoro.html
    Magari avviamo uno scambio di riflessioni. Angela

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