domenica 26 dicembre 2010
FemmINIMONDO, una raccolta che nessuno vorrebbe mai leggere
Elisa Candida (è un nome d’arte) è autrice di una raccolta di poesie ancora inedita dal titolo “FemmINIMONDO”. Sono testi taglienti che nessuno vorrebbe mai leggere. In alcune si possono ritrovare nomi e date, stralci di articoli di giornale, in altre eloquenti versi. La raccolta verrà edita da una piccola casa editrice di Roma che ha dato la sua disponibilità per la pubblicazione. Per l’introduzione al libro la poetessa ha pensato ad un spazio aperto, un luogo di scrittura fatto per ritrovarsi e dire basta. Per questo si è rivolta alla Casa delle Donne di Bologna e di Roma “perché l’introduzione non diventasse un bel cappello sulla mia testa ma […] perché con il coinvolgimento di altre donne, artiste, scrittrici, avvocati, politici, psicologhe, casalinghe, madri, sorelle, amanti, Femminimondo diventi un luogo d’incontro, di scambio, un luogo del parlare. Perché non resti un libro./ Non ho scritto queste poesie per tenerle sulla mensola,/ ma perché finiscano nelle mani nelle pieghe/ dove la pelle si rompe e tira./ Perché faccia rumore e strappi/ E scopra/ Perché c’è bisogno di parlarne.”
venerdì 24 dicembre 2010
Madri singole

La notizia è questa: la clinica Mangiagalli ha reso noto che dal 2008 il numero delle donne che alla nascita del figlio non dichiarano il nome del padre è triplicato passando da 474 agli oltre mille di oggi. E’ un dato assai rilevante che testimonia di profondi mutamenti nella cultura e nei comportamenti delle donne. Anche se molto varie possono essere le motivazioni che ne stanno all’origine, non c’è dubbio che la decisione di fare un figlio da sole è frutto di forza e determinazione personale, come anche di un contesto non più ostile a questa scelta. E di questo non si può che essere contente. Ma alcuni commenti che si sono letti ieri sui quotidiani mi lasciano francamente sgomenta, come l’intervista di Eva Cantarella sulla Repubblica. Commentando il dato della Mangiagalli - una “esaltazione dell’indipendenza femminile”- alla domanda se, pertanto, l’uomo diventa superfluo, risponde testualmente “L’uomo è lo strumento per arrivare alla maternità…la donna può fare da sola…È la donna che regge tutto”.
Condensata in poche righe viene fissata un’idea che è il puro e semplice rovesciamento di quello che secoli o millenni si è pensato, detto e scritto delle donne, un semplice strumento procreativo, al servizio della famiglia e dello stato patriarcali.
E come ovvio corollario del degradare dell’altro a “cosa”, la donna si erge a soggetto onnipotente, puro e semplice rispecchiamento di quella figura di Uomo prometeico, che sulla negazione della duplicità costitutiva ed originaria interna al genere ha pensato di vincere ogni limite. Io di questa immagine di donna onnipotente che può tutto e che può fare a meno dell’Altro non solo ho timore, ma penso che sia la parodia della libertà femminile. Il pensiero della differenza sessuale apre alla libertà delle donne in misura che riconosce che il soggetto non è uno ma due e che questo essere due obbliga a pensarci e a pensare il mondo secondo una prospettiva che non pretende di essere tutto, ma include la relazione. E’ una sfida che impegna il pensiero e la pratica, ma credo che ne valga la pena. E non mi pare che ne valga altrettanto l’obiettivo di farcela tutta “da sole”, che per certi aspetti più che un obiettivo rispecchia desolanti dati di realtà.
giovedì 23 dicembre 2010



E adesso cosa faranno gli studenti?, ci siamo chieste in questi giorni.
Gli studenti hanno fatto bene.
Non hanno raccolto le provocazioni di Gasparri né il travaso di bile di La Russa.
A piazzale Aldo Moro offrono cornetti caldi e caffè Borghetti. Ci sono ricercatori, matricole, fuori corso. C’è un padre con una figlia. Dietro lo striscione “Quelli del 14 dicembre”, un ragazzo issa un fumogeno rosso, più fiaccola carnevalesca che oggetto contundente.
Si diceva che avrebbero organizzato eventi improvvisi, flash mob, performance. Chiedo, ma nessuno ne sa niente. Sul percorso del corteo c’è assoluto riserbo. Una protesta all’insegna del sorpresismo (copyright Corrado Guzzanti) che porta verso la periferia, tra le rotaie dello Scalo San Lorenzo, le vie del Pigneto, la tangenziale est, la bretella della A24, fino a che la meta si fa chiara: si va all’Aquila!
Poi l’allegra brigata fa ritorno alla Sapienza.
Da due anni gli studenti scendono in piazza, e non solo contro il decreto Gelmini. Protestano per dire che per loro non c’è futuro, non c’è lavoro, non c’è welfare, non ci sarà pensione. I giornalisti la chiamano “generazione senza”. Veramente, i loro cugini più grandi sono messi anche peggio. I giornalisti li chiamano “precari”. Una parola abusata, che vuol dire tutto per non risolvere niente.
Gli studenti, oggi, sono qui anche per loro: per i milioni di “male occupati”, per i non-contrattualizzati, per chi lavora in nero, per le donne del sud (una su tre senza lavoro) che al futuro nemmeno ci pensano più, perché è il presente quello che manca.
Grazie ragazze, grazie ragazzi!
mercoledì 22 dicembre 2010
martedì 21 dicembre 2010
Lo scandalo della violenza. Lettera aperta sui fatti del 14 dicembre

Cara Elisabetta,
mentre ti scrivo Gasparri invoca arresti preventivi tra gli intellettuali e i fiancheggiatori, paventando possibili omicidi nelle manifestazioni studentesche prossime venture.
Mentre scrivo, Gasparri suggerisce ai genitori italiani di stare in guardia, di non mandare i figli alle manifestazioni perché potrebbe scapparci il morto.
Gasparri spera che gli italiani leggano tra le righe: quel morto potrebbe essere tuo figlio.
Se non fosse criminale, direi che è patetico. Sa di stantio. Un linguaggio terroristico vintage, gaglioffo e cialtrone (soprattutto quando si impappina nel minacciare un nuovo “7 aprile”: era il 1979, non il 1978), ma non per questo meno spregevole.
La sua è tattica (strategia è parola grossa per Gasparri) della tensione.
Mi chiedo però: vogliamo valutare il peso di queste parole o le derubrichiamo come una, l’ennesima, esternazione fuori luogo?
Ancora: siamo in grado di rispondere - come cittadini, come genitori, come manifestanti, come persone dotate di buon senso - alle conseguenze che queste parole possono scatenare o vogliamo indignarci solo quando la violenza è portata dal basso?
Le parole di Gasparri sono una provocazione scoperta. Hanno l’obiettivo di mettere tutti nell’attesa di una contromossa. Di suscitarla, la violenza. Non è un caso se l’opinione pubblica attende e si chiede: cosa faranno ora gli studenti?
Qualche settimana fa, quando le proteste studentesche raccoglievano grande consenso, a Exit Curzio Maltese sosteneva che la cosa più rilevante di questo bel movimento pacifico era la presenza delle ragazze, delle donne, in posizione non ancillare. Donne pensanti. Donne in lotta. Donne che prendono la parola. Questa, per lui, era la maggiore novità. Il dato inconfutabile da opporre a chi leggeva nei cortei studenteschi solo vecchi slogan e stanchi cliché.
Nel giro di pochi giorni, l’attenzione è stata portata altrove. Il consenso spazzato via. Da simbolo di un’Italia che vuole risollevarsi e guardare al futuro, i giovani sono diventati di colpo dei terroristi in erba. Possibile?
Dopo i fatti del 14, a colpirmi è la radicalizzazione dei punti di vista, prima ancora che della piazza: i “buoni” che condannano la violenza e i “cattivi” che la difenderebbero. In realtà, a voler essere onesti, gli studenti non hanno difeso la violenza: hanno semplicemente spiegato l’origine di quel momento violento, mettendolo in relazione ad altri episodi avvenuti a Parigi, Londra, Atene.
Gli studenti non vogliono sdoganare la violenza - questa è la mia impressione - ma mettere sul piatto gli elementi che sfuggono quando l’analisi è condotta solo in vitro. Gli studenti ci suggeriscono e ci ricordano, se non ce ne fosse bisogno, che la classe politica (sinistra compresa) non è più, in alcun modo, capace di dragare il disagio. Questo è quello che ci dicono gli studenti.
Ovvio che, stando così le cose, è più comodo per tutti polarizzare la realtà - buoni e cattivi, pompieri e incendiari, studenti e poliziotti - piuttosto che fermarsi a riflettere sul fallimento della democrazia parlamentare, dei partiti e della loro rappresentatività sociale.
In questo momento non mi preme ribadire che sono contro la violenza – voglio darlo per scontato – quanto piuttosto fermarmi a riflettere. Ora è il momento di farlo, ora e non domani, prima che la radicalizzazione (e con essa, la semplificazione) diventi pensiero comune. Se ci lasciamo convincere che le proteste di piazza sono possibili scenari di omicidio, quell'omicidio prima o poi accade. Si chiama profezia autoavverante.
Non ci è più permesso di vivere in apnea, come invece abbiamo fatto finora, in attesa della caduta di Berlusconi. Se oggi perfino un tiepido come Napolitano arriva a dire che bisogna leggere attentamente il messaggio portato da questa generazione, che in parte è anche la mia generazione, significa che gli strumenti di lettura possono essere obsoleti tanto quanto gli slogan. Con una piccola ma non trascurabile differenza: questi giovani non usano vecchie parole d’ordine, non brandiscono la P38, non carezzano la violenza ma ne sono, paradossalmente, giocati e travolti, una volta che la forza delle parole e delle proteste pacifiche si è rivelata insufficiente.
E non meravigliamoci, dunque, se prima di morire soffocati – quando nessuno giunge in soccorso, perché nessuno ti ha mai ascoltato – quello che esce dalla bocca non è una parola educata ma un urlo disperato e incomprensibile. Un rantolo.
Roma, 20 dicembre 2010
sabato 18 dicembre 2010
"Libere" verso Sud!

Con: Anna Carabetta e Maria Marino
Regia: Dora Ricca
Per le date degli spettacoli e gli altri appuntamenti di Di Nuovo consulta la nostra pagina Rendez Vous!
mercoledì 15 dicembre 2010
Dove va la politica delle/per le donne?

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa riflessione, dopo il 25 novembre:
Sarà perchè da un pò di tempo per me è più facile vedere il bicchiere mezzo vuoto, sarà che quando ti appassioni ad una battaglia e ci lavori, vorresti avere grandi risultati, ma il giorno dopo il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza alle donne, ho riflettuto a lungo sugli avvenimenti successi in città. Non so perchè ma quest'anno si è deciso di non fare la manifestazione nazionale (mi piacerebbe sapere anche chi l'ha deciso), noi nel Lazio ci siamo concentrati sulla battaglia contro la proposta di legge regionale che vuole smantellare i consultori familiari pubblici con una violenza delle Istituzioni, contro noi donne, pari solo a quelle dei regimi fascisti ed abbiamo realizzato il concentramento al mattino sotto la Regione. Eravamo abbastanza ma non tante come ci si poteva aspettare, eravamo donne di tutte le età, dalle giovanissime alle più anziane, aderenti al centro sinistra, politicamente varie e trasversali, così come le donne sanno fare da sempre. Altro che vetero femministe residuali ed autoreferenziali come hanno dichiarato le vetuste e medievali Rauti e Tarzia, venute scorrettamente a provocare la nostra manifestazione!!! Voglio ringraziare tutti iTestimonial che hanno aderito alle nostre iniziative ed in particolare Giovanna Cau, Francesca Comencini, Lidia Ravera e Rosetta Loy che hanno scritto e attivamente partecipato alla protesta. Mi sono chiesta, vista la gravità della situazione del nostro Paese dove le prime a pagare la crisi sono le donne, con la chiusura dei servizi di cura e l'esclusione dal mondo del lavoro, qual'è il motivo della sottovalutazione della situazione da parte dei mass media e da parte della politica (donne e uomini) a cominciare dal Parlamento. Quel poco che si è scritto e che si è detto mi è sembrato un rito funebre dove i problemi veri delle donne sono rimaste sullo sfondo: si è parlato della violenza che subiscono le donne nel mondo, dalle pachistane alle africane, delle infibulazioni effettuate anche in Italia (ne ha parlato anche la Bonino da Fazio e nelle iniziative con la Carfagna) ma dei problemi delle donne che vivono in Italia, straniere ed italiane, tranne Lidia Ravera (BENISSIMO) e pochi altri, non ne ha parlato nessuno. Care donne cosa aspettiamo ad aprire una vertenza rivolta ai vertici dei partiti politici di centro sinistra, per far sì che il voto dato alle elezioni corrisponda al DOVERE di garantire la presenza nelle liste di un numero ben più alto di donne, in modo da garantire l'effettiva rappresentanza degli interessi e dei bisogni di noi donne, quando si votano gli atti nelle Istituzioni e nelle Amministrazioni pubbliche? Quando è che la piantiamo di sprecare il voto scegliendo uomini da eleggere perch'è sono più forti e quindi il nostro voto sembra un investimento più concreto, o peggio votando donne "scendiletto" serve degli uomini in politica? Si può votare ma si può anche MOTIVATAMENTE non votare. E se diventasse una battaglia vera, non credete che saremmo prese in altra considerazione dai segretari dei partiti quando scelgono i candidati da mettere in lista, o quando scrivono le leggi elettorali, o quando escludono le donne dalle liste oppure scelgono di candidare donne che non portano neanche il voto della loro famiglia? La mancata partecipazione al voto fino a che non ci sia una effettiva inversione di rotta (CONCRETA) è per me il solo modo di fare sul serio la nostra parte. Se metà degli elettori rifiuta di votare, forse la politica potrà cambiare, riacquistare serietà e credibilità. Infine penso che questo discorso dovrà riguardare anche gli uomini che, seppur minoritari, hanno votato donna perchè credono che la politica praticata da più donne serie e competenti come lo dovrebbero eesere tutti gli eletti, potrà garantire dignità e concretezza alle Istituzioni del nostro Paese.
(Luisa Laurelli)
martedì 14 dicembre 2010
Messaggia la sicurezza sul lavoro
Scopo del concorso è quello di contribuire a dare un rilievo territoriale ed istituzionale al tema della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, valorizzando “il punto di vista delle donne”, in un’ ottica volutamente di genere. Quest'anno per realizzare un'azione di sensibilizzazione ancora più capillare sul tema della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, si è voluto privilegiare l'utilizzo del "messaggio" sia web che tramite cellulare. Tale mezzo di espressione, per la sua elevata diffusione, costituisce oramai uno strumento di relazione di uso comune. Il "messaggino" è entrato a far parte della comunicazione tra giovani e meno giovani e può rappresentare un modo alternativo per testimoniare il proprio pensiero, il proprio punto di vista. L'attualità degli infortuni lavorativi, delle tecnopatie e delle morti bianche impone a tutti una riflessione attenta sulla necessità di garantire maggiore prevenzione nei luoghi di lavoro. Pertanto, attraverso l'utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione, si intende attirare l'interesse di un numero sempre più ampio di persone, per promuovere la riflessione su tale problematica e contribuire al cambiamento di una mentalità spesso fatalista e superficiale nonché talvolta spregiudicata. L'iniziativa è rivolta in particolare alle donne, protagoniste dirette o indirette, di questi drammi. Insieme a loro vogliamo proporre una riflessione a tutti, dal singolo alle Istituzioni, affinché ciascuno per il proprio ruolo, possa concorrere alla diffusione della cultura della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro, perché si adottino comportamenti corretti ed adeguati nella realtà che ci circonda.
Il concorso consiste nella composizione di una frase o di una breve riflessione, sotto forma di messaggio telefonico o web, sul tema della sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, della lunghezza massima di 140 caratteri. Tutti le frasi dovranno pervenire mediante il sito www.donneelavoro.it, sezione “messaggi” o tramite SMS inviato al numero 392 45 04 355 (al costo di un normale SMS secondo il proprio piano tariffario). I messaggi dovranno pervenire entro e non oltre l’8 febbraio 2011. Il montepremi messo in palio per i vincitori è di euro 1600. I finalisti del concorso saranno decretati da una giuria specializzata.
Modena - giornata di studio sulla rappresentazione della donna nel linguaggio quotidiano, delle istituzioni e dei media
Presso l’Università di Modena e Reggio Emilia (Facoltà di Lettere e Filosofia - Dipartimento di Studi Linguistici sulla Testualità e la Traduzione) mercoledì 15 dicembre si terrà una giornata di studio sul tema del linguaggio con gli interventi, le adesioni e le testimonianze di: Marina Bondi (Preside Facoltà di Lettere e Filosofia), Marco Cipolloni (Direttore Dipartimento di Studi Linguistici sulla Testualità e la Traduzione), Marcella Nordi (Assessora PO Comune di Modena), Monica Saladini (Presidente Commissione PO Università Modena e RE), Ivana Palandri (Commissione di genere Facoltà di Lettere), Donatella Baraldi (Centro Documentazione Donna di Modena), Rosanna Galli (UDI), Giovanna Zanolini (Associazione Donne e Giustizia), Daniela Ricci (Coordinamento giornaliste di Modena), Alessandra Centis (Rappresentanza in Italia della Commissione Europea), Tiziana Bartolini (noidonne), Monia Azzalini (Osservatorio di Pavia), Loredana Cornero (RAI, Presidente Gruppo Donne COPEAM), Giuliana Giusti (Università di Venezia). La relazione plenaria e l’apertura dei lavori è affidata a Cecilia Robustelli (Università di Modena e Reggio Emilia) ideatrice dell’iniziativa, che ha affidato alle studentesse del primo anno LCE (Università di Modena e Reggio Emilia) un tema che è un impegno e un invito. Ecco il titolo: Apri gli occhi! La giornata di analisi e riflessione è dedicata al tema della rappresentazione della donna nel linguaggio quotidiano, nei media e nelle istituzioni. Si tratta del primo di una serie di appuntamenti previsti nell'ambito delle attività del Dipartimento di Studi Linguistici sulla Testualità e la Traduzione dell'Ateneo con attenzione specifica alla dimensione di genere.
Ma maternità è una malattia?

La maternità è un problema anche a Montecitorio come ci racconta la scrittrice, politica ed intellettuale Giancarla Codrignani su www.noidonne.org.
Tre parlamentari sono prossime alla maternità ed anche a vivere numerose limitazioni. Montecitorio (e ancor più il Senato) è fabbricato per escludere le donne. Pensate che le toilettes dei maschi sono a piano terra, ristrutturate anni fa con marmi del Portogallo; quelle femminili sono, dietro l'aula, vi si accede per una scaletta ricurva e sono ambientalmente spartane. Quando la Camera è chiusa, le signore o trovano appena il sapone o addirittura la porta chiusa (una volta, il giorno della chiusura estiva, esausta e abbruttita, non vedevo l'ora di arrivare in aeroporto e dovevo assolutamente lavarmi i capelli: bagni chiusi. Andai nel salone dei maschi, dove i barbieri non mi volevano ammettere...). Che le donne non siano legittimate come "genere" lo dimostra la maternità nelle istituzioni. La mia "compagna di banco" ebbe una figlia: la gravidanza passò nella più rigorosa indifferenza (ovviamente le colleghe si informavano). Un giorno - o stato era ormai evidente dietro l'abito che cadeva lento - le stavo chiedendo come stava e un compagno che aveva sentito si fermò per chiedere se era ammalata: richiesto di vedere l'evidenza, tranquillamente rispose che pensava a una nuova moda... Senza parole, vero?... Quello che sta capitando a Bongiorno, Cosenza e Mogherini fa comprendere che siamo ovunque delle cattive lavoratrici: in Parlamento come in fabbrica la gravidanza è "una malattia". Necessaria, dunque, una legge per le donne nelle istituzioni (anche a Bologna Simona Lembi in Provincia non trovò alcuna norma specifica); ma soprattutto non pensiamo che si tratti di una "leggina". Si tratta di fare "cultura di genere" di donne che non possono essere così omologate da rinnegare che la nascita di bambini e bambine è evento politico - cultrale prima che sociale e non separabile dalla specificità della madre, che va tutelata nel corpo - da non mettere a rischio - e nei diritti conseguenti al debito che la società intera contrae con la donna per l'immissione di un nuovo, una nuova presenza umana. Mai più si dica malattia ad una gravidanza.
mercoledì 8 dicembre 2010
Maternità Precarie: perché in Italia per tenersi il lavoro bisogna nascondere il pancione
E' questa la realtà che si cela dietro ai numeri: in Italia la percentuale di donne occupate è di 12 punti inferiore alla media europea e allo stesso tempo il tasso di natalità è tra i più bassi in Europa. Insomma, le donne italiane lavorano meno e fanno meno figli. Ecco, in sintesi, la prova di un doppio fallimento della politica.
Maternità e lavoro, come abbiamo scritto nel nostro documento e nel nostro programma, sono - insieme alla violenza sulle donne - le grandi emergenze del nostro paese.
Il reportage è un'ulteriore conferma (casomai ce ne fosse bisogno) dell'urgenza di ricreare come donne una grande forza collettiva.
giovedì 2 dicembre 2010
Assemblea pubblica a Torino
mercoledì 1 dicembre 2010
Io resto in Italia!
martedì 30 novembre 2010
Nobel, quelle che 'possono fare la differenza'
Jody Williams è Nobel per la Pace. La decima donna ad aver ricevuto il prestigioso premio, la terza americana. La sua vita è costellata di battaglie; le proteste contro la guerra in Vietnam e poi anni di lotte per l’America meridionale: undici dei quali trascorsi a fare lobbying sui vertici della politica statunitense per i diritti delle popolazioni dell'America centrale; dal 1986 al 1992 ha sviluppato e diretto progetti in Salvador e dall’84 all’86 in Nicaragua e Honduras, poi ancora é stata insegnante di inglese come seconda lingua. Nel 2004 Forbes l'ha nominata una delle 100 donne più potenti dell’anno.“Le emozioni senza le azioni sono irrilevanti”, è il suo motto. La Antonelli ha incontrato Jody Williams a Ramallah, in Cisgiordania (Territori Occupati Palestinesi), in occasione della conferenza “We can change” (“Possiamo fare la differenza”), un workshop in cui oltre 400 donne provenienti da tutta la Cisgiordania (e in videoconferenza da Gaza) si sono chieste come riattivare il ruolo della donna palestinese nella sfera pubblica. La Williams racconta di "un background non brillante". Ma poi è uscita dalla sua cittadina nel Vermont. Ha incontrato altre donne, ha iniziato a lavorare insieme, per cambiare il mondo. Questo è il fondamento alla base della Nobel’s Women Initiative. Jody ci tiene a ricordarlo, solo 12 donne Nobel, in oltre cento anni di storia del premio. “Sono le donne a soffrire maggiormente nei conflitti, è tra le donne che c’è il maggior numero di rifugiati, eppure quando si parla di pace, sono spesso gli uomini a vincere il Nobel. La nostra idea è mettere insieme donne che possano esercitare una maggiore pressione sui governi, sulle società. Aver ricevuto il Nobel ci permette solo di essere ascoltate di più. Di fare la differenza, in qualche caso. Per una pace che sia soprattutto uguaglianza di genere e giustizia sociale”. Jody Williams e la delegazione di donne sotto il cappello della Nobel’s Peace Initiative, hanno girato la Cisgiordania. L’iniziativa delle Donne Nobel nasce nel 2006 da Jody Williams ed altre cinque insignite del premio: l’iraniana Shirin Ebadi, Wangari Maathai, Rigoberta Manchu Tum, Betty Williams e Mairead Maguire. Ogni due anni la delegazione visita un paese diverso, per incontrare gruppi di donne, creare ponti e network, condividere esperienze. Le ultime visite a fianco delle donne birmane e nei campi del Chad tra le rifugiate sudanesi. Ascoltarne le prospettive, le speranze, le storie. Nel caso delle donne palestinesi, testimoniarne la battaglia quotidiana contro l’occupazione militare ma anche contro una società patriarcale.
lunedì 29 novembre 2010
Seven points... il nostro programma/manifesto in 7 punti
Appuntamenti
Mettete in agenda...
2011
Mercoledì 21 settembre 2011 Calenzano (FI) - Proiezione di Libere a In Arte Donna, ore 21.30, Altana e Cort ile del Castello
Domenica 4 settembre 2011 Padova - Libere in scena alla festa del PD, ore 21.00
Mecoledì 25 maggio 2011 Napoli - Libere in scena al Teatro Sannazzaro, ore 21
Martedì 29 marzo 2011 Torino - Libere in scena all'Università, Sala Lauree di Scienze Politiche, via Verdi 25, ore 17.00
Martedì 22 marzo 2011 Villingen-Schwenningen (Foresta Nera) -Libere in scena in tedesco
Martedì 8 marzo 2011 ROMA -Libere in scena al teatro Ambra Jovinelli
Venerdì 25 febbraio 2011 Livorno - Libere in scena al Circolo Coteto, via dei Pelaghi, ore 21
Venerdi 28 gennaio 2011 Milano - Assemblea cittadina di DiNuovo a Milano, presso la sede dell'Associazione Medionauta, in via Confalonieri (di fronte al numero 1). Per chi volesse vedere il dvd Libere l'appuntamento è alle ore 20,30; per tutte le altre, la discussione inizia alle 21. All'ordine del giorno anche la preparazione della manifestazione UN'ALTRA STORIA ITALIANA E' POSSIBILE di sabato 29 gennaio, alle 15 in Piazza Scala.
Lunedi 10 gennaio 2011 LOCRI - Libere in scena al Palazzo della Cultura, ore 20,30
Domenica 9 gennaio 2011 COSENZA - Libere in scena al Teatro dell'Acquario, ore 21
2010Lunedì 13 dicembre 2010 ROMA- DiNuovo partecipa all'assemblea di Pari o Dispare (luogo e data da comunicare)
Lunedi 6 dicembre 2010 ROMA - via Gentile da Mogliano 168/170, ore 19: DonneDaSud incontra DiNuovo
Sabato 4 dicembre 2010 ROMA - edificio ex Vetreria Sciarra 122, Aula Levi ore 10: proiezione Libere. Intervengono Cristina e Francesca Comencini, Maria Serena Sapegno, Fabrizia Giuliani, Anna Alfonsi. Modera Ilenia De Bernardis
Martedì 30 novembre 2010 TORINO - Ore 20,30, Istituto Avogadro via Rossini 18: DiNuovo partecipa all'assemblea presso l' Aula Magna indetta per contrastare il Protocollo della Giunta Regionale sull'inserimento dei movimenti pro-vita nei consultori, lo sblocco delle risorse per i centri antiviolenza e la riaffermazione che l'autodeterminazione delle donne non è un diritto negoziabile
Lunedì 29 novembre 2010 MILANO - Casa della cultura, ore 21: DiNuovo incontra le associazioni milanesi
Lunedì 29 novembre 2010 MILANO - Ore 14-19, via privata Asti: DiNuovo partecipa alla tavola rotonda “Natura - donna - impresa" a cura delle donne di Ecopink
Sabato 27 novembre 2010 ORVIETO - Sala del Carmine, ore 17: DiNuovo partecipa a Venti Ascensionali. Conversazione con Lea Melandri e Ilenia de Bernardis
domenica 28 novembre 2010
Più diritti, più democrazia




Abbiamo seguito il corteo dei lavoratori di Caserta, della Liguria, del Trentino; le felpe rosso fiammante della Fiom, gli elmetti gialli, i bassi del sound system degli studenti. Di faccia a un sole favorevole abbiamo camminato a passo svelto sulla fascia: via Cavour, piazza Vittorio, via Emanuele Filiberto. Abbiamo cercato di catturare qualche immagine del saliscendi e delle migliaia di palloncini rossi. Abbiamo guardato le foto appena scattate e abbiamo detto: non rende, facciamone un’altra.
Abbiamo ingannato l’attesa con una sigaretta, poi abbiamo abbiamo guardato l’orologio e abbiamo fiutato l’aria intorno.
Non abbiamo esitato nemmeno un istante nell’ammettere che oggi è un giorno da segnare.
Susanna Camusso: il suo discorso, complice Valeria, lo abbiamo seguito per metà dal gazebo-stampa, poi siamo uscite e abbiamo raggiunto le transenne sotto il palco.
Anche se fuori ci sono rumori di fondo, tutto qui si sente meglio. Una specie di stereofonia emozionale.
Domani forse lo riascolteremo dal web, ora saltano i dettagli: siamo attente ma siamo anche distratte da un pensiero laterale, una constatazione che va messa tra parentesi perché lei è qui per tutti (Susanna Camusso è la prima donna a capo della più grande organizzazione sindacale italiana). Questo pensiero balla tra l’orgoglio e la gioia. Questo pensiero segue attentamente il ritmo. Questo pensiero è un pensiero politico, e ne siamo consapevoli.
Susanna Camusso, mentre parla, è pura concentrazione.
Non è sopra-le-righe, non è sottotono.
È dentro qualcosa di grande. Ci siamo anche noi.
Il corteo intanto danza eppoi si scioglie.
Susanna non esclude lo sciopero generale.
[di Di Nuovo eravamo Elisabetta, Francesca, Sara e Valeria]
giovedì 25 novembre 2010
Tarzia all'Oratorio, Noi al Consultorio: DiNuovo alla manifestazione del 25 novembre

Emerge la necessità di un confronto e soprattutto dell'urgenza di fare RETE, una rete tra le associazioni di donne che possa acquisire una forza e un'unità che per ora non abbiamo, nonostante il fermento sia tanto.
La costruzione di questa rete è la principale proposta del gruppo Di Nuovo.
Aiutateci a portarla avanti, la rete siamo tutte noi, tutte insieme, ma organizzate!
martedì 23 novembre 2010
domenica 21 novembre 2010
Contro la legge Tarzia-Polverini

A ROMA - 25 NOVEMBRE - MANIFESTAZIONE CONTRO LA LEGGE TARZIA
ore 11, sotto la sede della Regione Lazio, via Rosa Raimondi Garibaldi
E inoltre, dalle 18 in poi, presidio permanente alla Casa Internazionale delle Donne
Che cos'è la legge Tarzia? Una legge che umilia le donne. Una legge che attacca frontalmente i consultori pubblici come istituzioni laiche e aperte a tutte subordinandoli all'ingerenza delle associazioni per la difesa della vita.
Nuove figure di volontari: un esperto di consulenza familiare, che rintraccerà le donne che vogliono abortire al telefono ricordandogli che hanno il dovere di collaborare, un esperto in bioetica, un esperto in antropologia della famiglia, un esperto in metodi naturali di contraccezione...
Leggere il testo della legge per credere! (E, vi assicuro, ha dell'incredibile)
ore 18 Proiezione di:PROCESSO PER STUPRO (1978) regia di Loredana Dordi
"Dal diritto all'oblio alla dignità del ricordo"
Dibattito con:LOREDANA ROTONDO - coautrice del documentario
MARIA GRAZIA PELLERINO - avv.penalisti
BARBARA SPINELLI - ass. Giuristi Democratici
MANUELA NALDINI - sociologa della famiiglia
SARA FILIPPELLI - collettiva femminista Sassari
"SGUARDI IN DIVENIRE PROCESSO PER STUPRO 30 ANNI DOPO" di Sara Filippelli
mercoledì 17 novembre 2010
Donne e basta per il D-Day: Sono stati indetti gli Stati Generali delle Donne
domenica 14 novembre 2010
Cara Ritanna, la fine del Berlusconismo non ci fa nessuna paura
Cara Ritanna,
Fare il giornalista è un mestiere duro, bisogna scrivere tutti i giorni, e cogliere cose ineffabili, tendenze, rumori, oppure perfino crearli mediaticamente se non ce ne sono. Fare la giornalista è duro il doppio, perché i riconoscimenti sono più scarsi, la leadership intellettuale più difficile da esercitare, ci si porta dietro un corpo scomodo, di sesso femminile, che non è previsto nei luoghi del potere. Se è brutto è invisibile, ma peggio ancora se è bello, è pensato come scopabile ma comunque mai come veicolo di pensiero e autorità. Queste cose, fra l’altro, le ho imparate da te o anche da te, molti anni fa. Ma mano mano che le Camusso e le Marcegaglia e le Rodham Clinton e le Merkel vengono sulla scena, anche questo speriamo, migliorerà…
Perdonami ma questo tuo ultimo intervento sulle femministe cui mancherà Berlusconi mi sembra francamente un pezzo da giornalista che dovendo scrivere, si inventa le sue “ donne di paglia” per poter dire qualcosa purchessia. Chi sono, dove sono, le femministe che finora si sono occupate delle magagne sessuali del Premier e che non sapranno più cosa fare dopo che se ne va Berlusconi?
Io sono una femminista – come tra l’altro sono convinta lo sia anche tu. Negli ultimi quindici anni mi sono occupata a) di differenziali salariali per sesso b) di come le coppie dividono il denaro c)di nuovi indicatori“di genere” per misurare il reddito e la ricchezza, in applicazione delle teorie di Sen-Nussbaum d)di donne e eccellenza scientifica, all’interno di un gruppo europeo di ricerca e) di un gruppo di donne che fa circolare per l’Italia una piece teatrale (Libere di Cristina Comencini) accompagnata da un documento politico dove si cerca di fare il punto e anche di gettare le basi di nuove forme di organizzazione politica femminile adeguate all’epoca postberlusconi. E ne conosco decine come me, tra le economiste, le sociologhe, le donne medico, le scrittrici, che hanno fatto le cose più varie, descrivere il lavoro delle donne, studiare le pensioni delle donne, organizzare convegni incontri sui bilanci di genere, contro la violenza sulle donne, collegarsi con le migranti...
Se c’è una cosa di cui grazieadio non ci siamo occupate è la vita sessuale del premier. Ma mai le mie attività come quelle di tante mie amiche raramente hanno ricevuto le attenzioni dei giornalisti, specie dei maschi ma anche poco delle femmine. A me pare francamente quelli che hanno focalizzato l’attenzione della nazione sulla vita sessuale e alla connessione tra sua vita sessuale del premier e politica delle donne siano stati proprio i maschi e i giornalisti, non “le femministe”. Le scelte delle ministre e delle altre candidate fatte da Berlusconi, che talvolta sono apparse guidate da un criterio che non era esattamente, o perlomeno non era soltanto, quello della competenza hanno fatto imbufalire prima di tutto i maschi della compagine del premier, e poi anche quelli della sinistra.
Ne cito uno per tutti: l’intervista alla neoministra Mara Carfagna di Mentana, quando Mentana era ancora a Canale cinque. Sottolineava soltanto quanto lei era bella e quanto lei era buona, e come era ovvio che a una così un vero uomo non potesse resistere: e non le ha fatto una sola domanda su quali politiche concrete per le donne il suo ministero intendesse fare. Non mi risulta che Mentana si sia ancora scusato con le donne italiane e in generale con il suo pubblico per quella intervista assolutamente partigiana, non professionale, e profondamente maschilista, il cui messaggio neanche tanto subliminale era: le donne sono questa meraviglia corporea, lasciatecele ammirare e godere, e non rompeteci le scatole con l’ipotesi che pensino e facciano politica.
Il triste paradosso che rivela quanto il corpo femminile è ancora scomodo è che “mignottopoli” è apparsa ad alcuni peggio che permettere che i propri ministri si facciano pagare gli appartamenti, fare eleggere delle belle ragazze di dubbia competenza peggio che far eleggere ladri corrotti e inquisiti.
“Le femministe” hanno rispettato pienamente le donne coinvolte nel gossip sulla vita sessuale del premier, comprese quelle che egli ha innalzato agli allori della carica politica. E ancora le rispettano, e per valutarle aspettano di verificare la loro competenza dai risultati. Addirittura vi è stato un documento di alcune femministe, documento che io non condivido – perché come sai le femministe sono tante, e pensano cose diverse- che indicava in Veronica Lario e Patrizia D’Addario il manifestarsi di una crescita della libertà femminile. Mi viene il dubbio allora che tu quando parli di “femministe” ti riferisca solo a quel gruppo, un gruppo romano importante, che nell’ultimo periodo per molte ragioni è stato meno attivo che nel passato e ha prodotto quasi solo quel documento. Ma esistono per fortuna molte altre femministe e donne impegnate in politiche di genere che hanno fatto molte altre cose incluso il prepararsi personalmente e politicamente per la fine del Berlusconismo.
Scusami Ritanna cara, ma questa volta il tuo intervento è proprio irricevibile: non siamo state noi femministe a vivere di rendita sulla vita sessuale del Berlusca: rivolgiti ai giornalisti, specie se maschi. Per questo noi, e in generale le donne italiane, non abbiamo niente da temere per la sua sparizione dalla scena pubblica. E non rimarremo senza niente da fare: perché dobbiamo vedercela, ancora con i molti, a destra e a sinistra, che ancora non hanno capito l’ a b c della politica di genere, come hanno dimostrato cercando per le loro liste delle belle giovani di provata inesperienza, piuttosto che delle donne con titoli e competenze provate in anni di esperienza di lavoro politico.
giovedì 11 novembre 2010
lettera a Dinuovo di Luisa Passerini
di questi tempi il semplice fatto di riuscire a unirsi per esprimere posizioni di protesta rispetto alla situazione esistente è degno di attenzione e rispetto. Sono consapevole di quanto sia difficile oggi riflettere e reagire sia individualmente sia collettivamente senza cadere in uno stato di depressione e impotenza. Per questo sono grata a chi ha scritto il documento, e sono convinta che valga la pena impegnarsi in una discussione con e intorno a quanto avete scritto. Infatti “Di Nuovo” contiene, accanto a passaggi sui vorrei esprimere le mie critiche, anche diversi punti che condivido e che mi piacerebbe vedere ulteriormente sviluppati. Do per scontato che ci sia un largo accordo sull’intento di fondo di reagire all’indifferenza di fronte alla gravissima situazione politica italiana, che include il tema centrale del degrado della figura femminile.
Prendendo avvio da questa vostra volontà di fare rete, che si sta prolungando in iniziative in varie città, penso che sia urgente definire meglio, sulla base di un contributo il più vasto possibile, su che cosa costruire la rete, cioè su quali premesse e con quali obiettivi. Attualmente il documento è caratterizzato da un’estrema apertura, ma a mio parere è meglio perseguire un maggior rigore e indicare degli obiettivi concreti e tattici, anche a costo di restringere l’area cui ci si rivolge. Uscendo dal vago, ci si guadagnerebbe in chiarezza e in incisività. Tra gli obiettivi strategici, credo che sia inclusa la costituzione di un soggetto collettivo capace di interloquire con la formazioni politiche, articolato, come voi dite, in maniera elastica e informale. Tuttavia non vedo per ora il collegamento tra questo intento generale e altri scopi più immediati e limitati, così come non vedo (in concreto, anche se lo intuisco) il rapporto tra tale costituzione e l’apertura di un dialogo alla pari tra generazioni di donne, cui si riferisce lo spettacolo “Libere”. La questione dei rapporti intergenerazionali è oggi di importanza cruciale. Intanto non esistono soltanto due generazioni; ne distinguerei almeno tre rispetto al femminismo: “giovane”, “intermedia” (ma vorrei trovare una definizione migliore), “vecchia”. Inoltre non è indifferente, in questo campo, considerare anche le generazioni di uomini, e i loro diversi rapporti con le donne.
Tra i punti che condivido e che vorrei vedere sviluppati c’è la definizione della nostra epoca come “postfemminismo”. Non penso tanto a una discussione in termini di periodizzazione storica, anche se questa in altri paesi ha assunto aspetti interessanti, per esempio negli Stati Uniti, dove sono sorte iniziative di vario tipo definite come femministe di terza o di quarta ondata. Voglio dire che parlare di postfemminismo può essere equivalente a parlare di una nuova fase del femminismo. Comunque, per ora vorrei soprattutto accennare alle implicazioni per il presente che può avere la diagnosi di trovarsi nel postfemminismo rispetto alle intenzioni che concludono il documento.
Nel contesto attuale il punto decisivo è senz’altro la presenza sulla scena mondiale di molti femminismi oltre a quelli del nord-atlantico e in generale dei paesi del nord del mondo. All’interno dei singoli paesi e continenti, la questione si pone anche – non solo – come rapporti tra nativi e migranti, quindi anche tra donne di diverse culture. Questo aspetto non può essere trascurato in una prospettiva di interlocuzione politica, se si vuol parlare di libertà. Il nostro femminismo è stato eurocentrico e non è stata fatta una critica adeguata di questo atteggiamento culturale.
Un secondo punto riguarda il retaggio del femminismo italiano. Trovo inadeguato e sviante il passaggio del documento in cui si dice che nella seconda metà degli anni 1990
“nella opinione pubblica femminile si diffuse il convincimento che ciò che contava era la capacità di rappresentazione simbolica, ossia il coagularsi della potenza femminile intorno a figure carismatiche. E fu scartato un altro possibile percorso, irto di ostacoli, ma trasparente e democratico: quello delle donne che decidono e scelgono le loro leader, a loro volta in grado di giudicare in base a criteri non discriminatori altre donne rappresentative della forza femminile nella società, nelle professioni, nei mestieri, nelle istituzioni.”
Penso che non sia più né utile né sensato continuare a contrapporre le due strade, che interpreto come due anime dell’eredità del femminismo italiano: l’importanza data all’universo simbolico e alla lotta su tale terreno, che comprende in modo rilevante la riformulazione del linguaggio pubblico e privato, da un lato, e la democrazia rappresentativa, dall’altro. Infatti, per quanto riguarda questa seconda strada, si deve riprendere un contributo del femminismo degli anni 70, quello della democrazia diretta o partecipativa propria dell’esperienza del piccolo gruppo, che apporta una correzione importante all’idea di democrazia. Nello spettacolo “Libere”, le due donne fanno riferimento indirettamente alle due eredità, la più giovane quando racconta la sua insofferenza rispetto al linguaggio usato dal suo ragazzo, la più vecchia quando ricorda la possibilità di parlare che l’esperienza femminista aveva aperto a tutte. Per “spezzare i quadri bloccati della democrazia italiana” e “ampliare l’idea di libertà”, come voi dite, nel mondo di oggi – che è massmediatico - le due vie devono essere conciliate, il che significa necessariamente andare oltre le vecchie contrapposizioni tra posizioni diverse del femminismo italiano.
Ulteriore punto dei vostri conclusivi: sono completamente d’accordo sul fatto che la riflessione deve riguardare donne e uomini proprio perché si parla oggi diffusamente di crisi dell’identità maschile. A questo proposito ritengo che non si possa non tener conto della decostruzione operata del pensiero queer non solo dei due generi, ma del rapporto tra sentimenti privati e sfera pubblica, e riconoscere la portata innovatrice di movimenti come quelli che includono i transgender. A questo proposito, ma anche più in generale, mi permetto di mandarvi un intervento che avevo fatto in giugno al Forum lacaniano tenuto a Torino, in cui citavo tra altri documenti anche “Di Nuovo”, con osservazioni critiche (l’intervento è in corso di stampa negli atti del convegno, quindi per ora non può essere pubblicato altrove).
Ci sarebbero altre cose di cui parlare, ma per il momento vorrei terminare sullo stesso punto su cui si conclude il documento, il discorso sul corpo come limite. Anche qui vale il riferimento al postfemminismo, nel senso che il femminismo della mia generazione ha avuto un’idea trionfale del corpo, che poteva sperimentare molteplici forme di sessualità – compreso l’orgasmo – un corpo che era forte e sano e onnipotente, senza pensare alla malattia, alla disabilità, alla morte. Questo discorso va inserito nella più vasta concezione del corpo come “creaturalità” cui voi accennate.
So che quanto ho scritto ha una ricaduta soprattutto culturale e intellettuale. Per questo insisto in chiusura sull’importanza di individuare obiettivi concreti e intermedi oltre al tener conto di esigenze di lungo respiro. Per individuare questi obiettivi si potrebbero creare gruppi di discussione temporanei su alcuni processi in corso relativi all’immagine delle donne, e ai rapporti tra donne e uomini, tra generazioni, tra culture.
Vi mando questi appunti con sentimenti di amichevolezza e solidarietà. Vi ringrazio di averli letti e spero che potremo avere ulteriori scambi.
Luisa Passerini
martedì 9 novembre 2010
No ai movimenti pro vita nei consultori pubblici
Il documento, denuncia il fatto che il Protocollo regionale sta creando uno scontro ideologico tra chi, intende solamente rafforzare la rete delle associazioni che si definiscono “in difesa della vita” e chi la vita la difende davvero, nel pieno rispetto della legge e della donna.
Le istituzioni non devono fare da arbitro, ma hanno l’obbligo di dettare norme che non confliggano con le leggi vigenti ed è, quindi, del tutto inaccettabile la campagna che il Governatore Cota ha scatenato contro i consultori piemontesi, che applicano correttamente la legge 194, in tutti i suoi aspetti, delle prevenzione e della tutela sanitaria e psicologica della donna.
Sono ben altri gli interventi che vanno nella direzione della prevenzione dell’aborto: la contraccezione gratuita,il lavoro in rete tra i servizi, l’introduzione di mediatori culturali e di programmi specifici per le donne straniere, la distribuzione equilibrata del numero degli obiettori tra le varie strutture sanitarie, l’educazione sessuale nelle scuole , la creazione di case protette per donne in difficoltà.
Ed è per questo che è importante sostenere questa battaglia insieme alle professionalità del settore, alle associazioni, alle donne e agli uomini convinti che la tutela della salute della donna, della maternità consapevole, del rispetto della vita umana non ha bisogno di vuota retorica, piuttosto di investimenti concreti, in termini economici e di competenze.
Per questi motivi ci sarà un presidio
MARTEDì 9 in via Alfieri 15 , davanti a PALAZZO LASCARIS
con un banchetto informativo
Lo stesso giorno alle ore 15,30 è prevista la Discussionein aula.
lunedì 8 novembre 2010
Lunetta e Di Nuovo
La Cettina di “Un medico in famiglia” adesso diventa femminista
da Oggi.it 8 novembre 2010
Libere - lo spettacolo da far girare
Le formule possibili sono due:
1) Proiezione del dvd di LIBERE con discussione a seguire.
2) Spettacolo organizzato da compagnie locali.
Il testo e il dvd possono essere richiesti inviando una mail con i vostri dati e qualche informazione su di voi a: infodinuovo@gmail.com
mercoledì 3 novembre 2010
Libere anche sul web
Regia di Francesca Comencini
con Isabella Ragonese e Lunetta Savino
Per guardarlo vai al link
http://www.ultrafragola.it/
martedì 29 giugno 2010
mercoledì 9 giugno 2010
Chi siamo, e perché siamo qui
QUI trovate il link al video completo dello spettacolo "Libere", scritto e diretto per 'di nuovo' dalle sorelle comencini.