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Se non ora, quando?

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domenica 30 gennaio 2011

A PROPOSITO DI SANSONETTI

di Francesca Izzo
articolo pubblicato sul Riformista di oggi

Un merito, almeno per me, il commento di Piero Sansonetti sul Riformista di ieri ce l’ha. Dice, con brutalità, quello che circola, con un di più o un di meno di eleganza, in molti interventi sia di uomini che di donne a proposito delle frequentazioni notturne del presidente del consiglio: cioè che le reazioni indignate bersagliano le giovani donne, colpevoli di prostituirsi e di macchiare così l’onore del genere femminile. Queste reazioni sarebbero il sintomo della regressione moralistica e antifemminista che sta colpendo l’Italia.
Sansonetti ci mette di suo un inspiegabile stravolgimento dell’appello Se non ora, quando? affermando che la manifestazione indetta per il 13 sia una mobilitazione “contro la prostituzione” che gli ricorda la marcia dei quarantamila, perché seppellirebbe trenta anni di femminismo “santifica[ndo] il valore del duro lavoro e del sacrificio per le famiglie e maledice[ndo]le puttane”. Non si sa da che parte cominciare per fare un po’ di chiarezza.
Innanzitutto il femminismo, di trenta, venti un anno fa, non ha mai avuto nelle sue bandiere l’esaltazione della prostituzione, e penso neppure dei radicali alla Nozick o più modestamente alla Pannella l’abbiano pensata così. La straordinaria, inedita visione aperta dall’esperienza e dalla riflessione femminista sta nel cambiamento del punto di vista sulla prostituzione: non più una corruzione morale delle donne, ma la manifestazione della miseria sessuale e emotiva degli uomini, incapaci di affrontare le sfide dell’amore e del sesso alla pari, o di uomini malati di solitudine o impauriti dalla vecchiaia e dalla morte che le esorcizzano con il consumo di giovani corpi. La coscienza della libertà delle donne aveva così tolto il marchio di infamia che ipocritamente si stampava sulle prostitute e tante hanno ritenuto che la vendita dell’uso del proprio corpo se compiuta in libertà e consapevolezza fosse una attività come tante altre. Posizione discutibile e discussa a lungo e per nulla pacifica tanto più che, se in Italia si parla di prostituzione, si deve fare innanzitutto riferimento alla tratta di giovani donne ridotte in schiavitù che forse proprio per questa loro condizione suscitano il desiderio maschile. Anche gli uomini dovrebbero avviare una meditazione “di massa” in proposito! Accostare invece femminismo e prostituzione, come fa Sansonetti, suona tanto da gazzette anni ’50.
Ma veniamo al punto più rilevante: nelle vicende che vedono protagonista il premier e che stanno suscitando tanto sconcerto e reazioni sino alla mobilitazione del 13 la prostituzione come “preciso mestiere” non c’entra nulla. La gran parte delle giovani e delle donne, venute in questi mesi alla ribalta delle cronache, non esercita e non vorrebbe esercitare la prostituzione, anzi attraverso la vendita di sé all’uomo potente vuole raggiungere una posizione rilevante nella politica, nello spettacolo, nella televisione o più modestamente vuole cambiare status, diventare ricca. E talvolta ci riesce. Diventa questo il modello di affermazione di sé delle donne che viene offerto e legittimato con il timbro di una delle massime cariche dello Stato. Questa situazione io la definisco così: degradazione di tutto il genere femminile a merce sessuale. Si trasmette il messaggio: altro che studiare, lavorare… basta saperci fare con l’uomo che può e oplà la via alla carriera è spianata. Tanto una donna non è che sesso a disposizione e che, come ha avuto la finezza di richiamare Piero Ostellino (un altro liberale di vaglia), è il suo tesoro da far fruttare. Non è certo un caso se ormai le poche donne che appaiono in video sono costrette sempre più ad assumere vesti o pose “provocanti”, insomma a corrispondere al marchio del proprio sesso.
Un’ultima considerazione: ho trovato stupefacente che uno strenuo sostenitore delle ragioni del comunismo, come Sansonetti, storca il naso dinanzi al fatto che nell’invito alla mobilitazione del 13 ci si rivolga alle donne che lavorano che studiano che si occupano degli altri. Si tratta in tutti i casi di lavoro e di dignità della persona. Forse che chiamare a raccolta gli operai e contadini va bene, ma farlo per le donne è roba da destra bigotta e antifemminista?

1 commento:

  1. Trovo assurda questa ostilità alla mobilitazione... Ma qual è l'alternativa? Uno sdegnato silenzio?... io sono d'accordissimo a non trasformare la battaglia in una contrapposizione tra donne per bene e donne per male. Credo fermamente nel diritto di ogni donna di possedere, esprimere e usare il proprio corpo, al di fuori di ogni morale censoria. Ma manifestare contro il sistema-Arcore è bigottismo antifemminista?? O è rifiuto di un modello politico che, irradiandosi dalla persona del Presidente del Consiglio, ha fatto della diseguaglianza di genere una bandiera? Sono molto perplessa... Scrivono dal Comitato per i diritti civili delle prostitute (pur esprimendo posizioni simili a quelle descritte qui sopra): "Concita De Gregorio e le donne del PD hanno lanciato un appello a tutte le donne italiane che si sentono offese a dire BASTA, molto suggestivo, anch’io mi sento offesa come prostituta onesta, donna e cittadina. Sarebbe davvero bello che tutte le donne di ogni classe si mobilitassero e riuscissero a costringere un politico dipinto come sàtiro alla ritirata. Si mostrerebbe al mondo che in questo Paese le donne nonostante tutto contano qualcosa."

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