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martedì 25 gennaio 2011

STRANIERA IN PATRIA

di Francesca Izzo
articolo pubblicato sul Riformista di oggi

Credo di avere finalmente messo a fuoco cosa fa la differenza della situazione dell’Italia rispetto ad altri comparabili paesi europei e occidentali. L’ho colta riflettendo su quanto si è venuto dicendo in televisione e scrivendo sui giornali (ma discutendo anche nelle case) a proposito delle note vicende che vedono protagonista il premier. Il giudizio prevalente che riflette, a stare ai sondaggi, una opinione pubblica non eccessivamente turbata è che si tratti di vicende private che solo il voyerismo di media affamati di scandali ha tramutato in un caso (non prendo in considerazione le posizioni di chi, a cominciare dallo stesso presidente del Consiglio, denuncia addirittura un complotto dei giudici).
Ma ci sono stati numerosi interventi, molto autorevoli, che guardando al possibile rilievo penale dei comportamenti del premiere lo hanno invitato a non sottrarsi all’accertamento della verità, a recarsi dai giudici a rispettare la legalità, ritenendo questo aspetto l’essenziale. Infine un manipolo molto ristretto di commentatori, per lo più di orientamento religioso ma non solo, ha posto l’accento sul degrado e lo squallore morale che proviene dallo spaccato di vita dell’inner circle del premier. Solo pochissimi e pochissime e tra queste voglio ricordare la splendida lucida lettera di Giulia Bongiorno, mentre si moltiplicano le iniziative di denuncia di migliaia di donne, hanno messo al centro lo sfregio inferto alla immagine delle donne, di tutte le donne (per favore risparmiatevi la abusata obiezione che molte donne difendono il premier ecc, perché è cosa arcinota la distinzione tra realtà e coscienza) ridotte di nuovo, ad apparire mero oggetto di scambio sessuale. Non so se a tutti risulti chiaro che cosa questo significhi. Significa che ogni donna che lavora fuori o dentro casa, che studia, che cerca (spesso invano) un lavoro, che fa ricerca (spesso ad altissimo livello) che guida associazioni di categoria o presiede assemblee elettive che si occupa di figli, mariti, anziani, che insomma si sente finalmente libera di essere se stessa, realizzata o meno, felice o meno, ma soggetto (è questa la libertà femminile di cui si parla), è invece costretta a subire l’oltraggio di essere considerato un oggetto a disposizione del desiderio degli uomini, che l’essere a disposizione dell’altro è di nuovo un marchio del suo sesso. Badate bene, questo accade attraverso la pubblicità, le trasmissioni televisive, i giornali fino appunto alle orribili scene a cui siamo state costrette ad assistere (per questa ragione sono patetiche le donne che dicono che tutto ciò non le riguarda). Le cittadine italiane ridiventano cittadine dimidiate, non godono, direbbe Kant nume tutelare di tanti liberali a singhiozzo, della piena autonomia e indipendenza proprie del soggetto libero. Ora, nel 150esimo dell’Unità si scrivono molte cose sulla nazione italiana, sulla difficile costruzione della nazione e dello stato unitario, si fanno e si faranno convegni sul diventare cittadine delle donne e sul contributo da loro dato alla edificazione della nazione democratica, perché un punto è chiaro: quando oggi si parla di nazione democratica si parla della cittadinanza di uomini e donne e della difesa che la democrazia, i suoi rappresentanti e le sue coscienze critiche devono fare di tutti, uomini e donne. Bene, e qui sta la differenza di cui parlavo all’inizio, negli altri paesi in vari modi le donne sono ritenute essenza della nazione e non sarebbe neppure immaginabile uno scenario come quello che si è prodotto qui da noi. In Italia a quanto pare l’insieme delle classi dirigenti non ha sentito e non sente il dovere di difendere la dignità delle donne italiane. Toccherà a noi riuscirlo fare con le poche risorse che abbiamo, ma quello che sta accadendo in questi giorni in questi mesi non sarà senza conseguenze nelle relazioni politiche tra donne e uomini in Italia.

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